Bangladesh, strage di operai tessili e le grandi griffe se ne vanno

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Dopo la tragedia di Dacca, in Bangladesh, costata la vita a più di 800 operai tessili, le aziende che producevano lì i loro capi sono oggi costrette a scegliere tra profitti e reputazione e molte di loro hanno deciso di andarsene. Famosi brand come Walmart, Gap, Benetton, Mango, El Corte Ingles e Disney sono rimasti coinvolti in uno scandalo internazionale dopo il crollo a Dacca di un edificio che ospitava aziende di abbigliamento che lavoravano per loro conto.

Le fabbriche tessili che avevano sede nel palazzo, e i cui dipendenti lavoravano in assenza delle più elementari norme di sicurezza, producevano capi di abbigliamento per conto di multinazionali occidentali che adesso in tutta fretta abbandonano il Bangladesh nel tentativo di salvarsi la reputazione. Forse troppo tardi perchè ormai lo scandalo sulle condizioni di lavoro in cui sono costretti migliaia di operai, per un salario spesso inferiore ai 40 dollari mensili, è scoppiato come una bomba tra le loro mani.

C’è chi ancora nega di aver mai prodotto qualcosa in quel palazzo; chi si ostina a declinare ogni responsabilità dando la colpa ai subappaltatori che hanno preso in carico la consegna della merce, assoldando, all’insaputa dell’azienda, operai sfruttati e sottopagati e chi ammette di aver appaltato la produzione, ma di aver deciso da tempo di voler lasciare il Bangladesh proprio temendo incidenti simili. È il caso della Walt Disney Company che fa sapere di aver deciso da tempo di voler interrompere la sua produzione in Bangladesh e, precisamente dallo scorso novembre quando altri 112 operai erano morti in un incendio scoppiato in uno stabilimento.

Due stragi di operai in sei mesi sono per la Disney decisamente troppe da spiegare all’opinione pubblica e alla sua clientela e, in forma precauzionale, Disney abbandona anche altri mercati potenzialmente difficili come il Pakistan, Bielorussia, Ecuador e Venezuela, dove il colosso americano cesserà ogni attività entro il 31 marzo 2014. Ma c’è anche chi decide di restare per lo stesso motivo per cui ha deciso di investire in questa terra: bassi costi di produzione e pochi obblighi da rispettare.

Nel Bangladesh l’industria tessile impiega circa 3 milioni di persone, in prevalenza donne, e crea ricchezza quasi esclusivamente per le multinazionali che comprano a prezzi stracciati i suoi prodotti. Chi ha deciso di continuare a produrre in Bangladesh, e non sono pochi, lo fa annunciando di aver già avviato iniziative per garantire maggiori condizioni di sicurezza agli operai, ma le organizzazioni di tutela dei lavoratori premono per azioni più incisive per scongiurare altre tragedie.

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