Made in Italy: un libro svela il lato oscuro della moda

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Si chiama “Made in Italy – Il lato oscuro della moda” il libro che Giò Rosi, pseudonimo di un autore che ha preferito, dato il tema scottante, restar anonimo, ha deciso di scrivere per svelare cosa si nasconde dietro questo business milionario. La schiavitù, a quanto pare, esiste ancora, nelle lontane fabbriche cinesi come nel cuore dell’Europa.

Nascosta, infida, eppure potentissima. Nel mondo della moda i novelli schiavi del Duemila sono la forza lavoro senza diritti né tutele, costretti a turni massacranti, pagati pochissimo, sfruttati fino allo spasimo da un’industria che prima crea con subdole campagne marketing il bisogno nella gente di vivere un sogno attraverso un capo d’abbigliamento, una borsa, un paio di sandali meravigliosi e poi per venderle questo sogno lo trasforma nell’incubo di migliaia di lavoratori immolati sull’altare di un consumismo sfrenato.


La loro unica colpa è di essere nati in terre poverissime dove il lavoro è vita e perderlo significa morire. Tutto è accettabile, ogni sopruso è tollerato per pochi soldi necessari a tirare avanti e alimentare un’industria i cui primi complici sono gli stessi stilisti che delocalizzano la loro produzione laddove la manodopera costa meno e, soprattutto, non ha possibilità di ribellarsi. Un vero scandalo umanitario, oltre che una vergogna nazionale, nonché la truffa di chiamare “Made in Italy” ciò che non è affatto realizzato in Italia, ma etichettato come tale e in quanto tale venduto a prezzi esorbitanti.

Ciò che più colpisce di questo libro-inchiesta, pubblicato da Anteprima e in libreria da poche settimane, è lo squallore in cui nasce il lusso che tanto sogniamo e rincorriamo, persino indebitandoci. È in ambienti degradati e degradanti che il Made in italy prende forma, vita, sostanza. Ma si tratta di un prodotto-fake destinato ad imbrogliare i consumatori che credono di comprare un oggetto frutto del design e della sapienza artigianale italiana, invece non solo finanziano imprenditori senza scrupoli, ma molto spesso comprano, senza saperlo, merce scadente. Ciò che vedono è solo la griffe. Ciò che non possono vedere dietro quella griffe è la sofferenza di migliaia di lavoratori, schiavi dell’avidità e vanità umana.