Zara collabora con Greenpeace: mai più vestiti tossici

Dopo la notizia choc diramata da Greenpeace che accusava, basandosi sui risultati inconfutabili di una ricerca contenuta nel rapporto internazionale “Toxic Threads – The Fashion Big Stitch Up”, i grandi brand della moda di mettere in commercio indumenti contaminati da sostanze chimiche pericolose per l’uomo, Zara, una delle aziende top accusate, ha deciso di mettere la parola fine a questa scabrosa vicenda, che la vede coinvolta, collaborando affinché in futuro nulla del genere possa mai ripetersi.

Greepeace, infatti, la settimana scorsa era riuscita a dimostrare, attraverso analisi chimiche su 141 articoli di 20 diversi brand della grande distribuzione del settore fashion, il collegamento fra la tossicità di alcuni prodotti moda e l’inquinamento dei corsi d’acqua nelle vicinanze delle industrie che li producono. Tra i grandi nomi della moda coinvolti nella ricerca vi erano, oltre a Zara, anche Benetton, Armani, Jack & Jones, Victoria’s Secret, Only, Diesel, Vero Moda, Blazek, C & A, Esprit, Gap, H&M, Levi’s, Mango, Marks & Spencer, Metersbonwe, Calvin Klein, Vancl e Tommy Hilfiger.

Ne era derivato uno scandalo senza precedenti con il rischio di una perdita massiccia della propria clientela. La prima griffe a correre ai ripari è proprio la spagnola Zara e la sua casa madre Indetex che hanno firmato oggi l’impegno per eliminare le sostanze chimiche pericolose dai loro prodotti lungo tutta la catena di fornitura entro il 2020. E non potevano fare altrimenti dato che da nove giorni, data di pubblicazione a Pechino dello scottante rapporto di Greenpeace, oltre 315 mila persone che si sono sentite tradite dal loro brand più amato, hanno manifestato in migliaia su Facebook e Twitter e oltre 700 persone hanno organizzato sit-in di protesta fuori dai negozi Zara di tutto il mondo.

Il gruppo Inditex, quindi, pronto a riconquistarli tutti, ha annunciato oggi, primo brand in assoluto a farlo tra quelli citati da Greenpeace, che richiederà a 20 fornitori di rivelare i valori delle emissioni delle sostanze chimiche pericolose a partire da marzo (e ad almeno 100 fornitori entro la fine del 2013), garantendo a coloro che vivono vicino alle fabbriche tessili il diritto a ricevere informazioni corrette sugli scarichi di sostanze pericolose nell’ambiente, tra cui quelle di coloranti azoici che liberano ammine cancerogene. L’ impegno di Zara consiste anche nel rafforzare il processo di eliminazione degli alchilfenolestossilati dai prodotti e nel fissare ulteriori scadenze a breve termine per l’eliminazione delle sostanze chimiche pericolose prioritarie, tra cui i PFC (per fluorocarburi).

La volontà di Zara di porre rimedio alla situazione ha raccolto il plauso di Greenpeace per il quale, se la più grande azienda della moda può farlo, non ci sono più scuse per gli altri marchi come Esprit, Gap e Victoria’s Secret che devono assolutamente procedere a ripulire la loro catena di fornitura. I loro clienti, infatti, si sono già fatti sentire in tal senso e, si sa, il cliente ha sempre ragione, soprattutto quando rischia di trasformarsi in fashion victim” letteralmente.

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